giovedì 31 dicembre 2015

Discorso alla nazione. "Ich bin ein bail-iner



Ve lo faccio io un discorsetto di fine anno. Ve lo faccio adesso perché stasera vado a ballare sul cadavere del 2015 con i colleghi e non avrò molto tempo da dedicarvi.
Mi dispiace, il discorso sarà solo in italiano. Non ve lo sottotitolerò in arabo come quello della Merkel ai tedeschi (non è una battuta, succederà veramente sul canale ZDF) e nemmeno in tedesco come quello che pronuncerà da noi stasera il Presidente che finisce per 'ella. 

Vogliamo dire, per questa volta almeno, che il 2015 è stato un anno bellissimo? Sapete perché? Perché ho l'impressione che, a furia di definire ogni volta horribilis l'annus morente, ci attiriamo l'ira degli dei ed essi ci puniscono con un anno ancora peggiore di quello che ci lasciamo alle spalle ogni fottuto 31 dicembre. Così, non attendiamoci niente di buono, anzi, prepariamoci al peggio e chissà che, giusto per farci un dispetto, non ci concedano un anno quantomeno normale. O almeno di pausa. Giusto per riprendere un fil di fiato.

In ogni caso, non dubitate, ce la stanno mettendo tutta per imporci un altro bell'anno di distruzione della domanda interna, di mercato fissato nel fermo immagine della stagnazione; di magazzini pieni di roba che non si vende nemmeno ribassata al 50+%, di compratori tramutati in avvoltoi che aspettano appollaiati sulle macerie di questo paese che il venditore molli per strappare il prezzaccio, sempre e comunque e per qualunque oggetto si stia contrattando. Per le case, per qualunque bene, perfino per le cose belle di valore che nessuno fino ad ora aveva mai preteso di accaparrarsi per un umiliante tozzo di pane. Non così sistematicamente, per lo meno.
Un atteggiamento che ormai ha contagiato, come un ebola letale, gli attori del banale meccanismo economico della compravendita.
Benvenuti nel mondo dove ormai nulla ha più valore, nel mondo dominato dal principio dell'asta, della liquidazione e dello "svendiamo perché costretti a chiudere". Nel mondo dell'offerta senza risposta, senza l'ombra di acquirenti, anch'essi paralizzati nell'incantesimo di questa fortezza Bastiani dove nessuno si muove perché tutti attendono l'ulteriore discesa dei prezzi che verrà, in realtà mai, senza rendersi conto che quello che vorrebbero sarebbe un mondo all'insegna della depredazione e del saccheggio. 

Sono stata in banca. Ci sono buone notizie. Questa cassa di risparmio locale, per il noto problema della dismissione delle quote di maggioranza in mano alle fondazioni, come nuova legge richiede, è destinata, assieme a tante altre sorelline, a confluire in una Grande Banca (scommettiamo straniera?) a quel punto troppo grande per fallire. Il problema è che, se qualcosa andrà storto in fase di ricapitalizzazione, possedendo poche migliaia di euro di sue azioni, in caso di bail-in, potrei essere tra i fortunati che potranno bullarsi al telefono con gli amici: "ho salvato una banca!" 
Se non ho capito male, la situazione è questa. Se avete azioni di casse di risparmio o di bancarelle feudali locali, rischiate di perderle di botto e se voleste disfarvene prima del patatrac - perché è questo che vorreste chiedermi, lo so - non c'è nessuno tanto fesso da comprarvele. Ve le tenete e aspettate.
Sapete cosa vi dicono per consolarvi? Che in fondo ora avete, si, 5 ma quando le avete comperate le pagaste 2, quindi in fondo non è una gran perdita. 

Prima di chiudere l'argomento banche, vorrei aggiungere che la cosiddetta banca "too big to fail", la Lehman Brothers, per intenderci, è quella che differisce dalla Banca Popolare della Scamorza per il fatto che per salvarla non basta il sangue degli azionisti e degli obbligazionisti, subordinati o no, (i primi che beccano le fucilate, le truppe da sbarco, insomma) ma quell'onore viene esteso a tutta la popolazione. 
I contribuenti americani hanno pagato per salvare le banche americane troppo grandi ma al mondo si può fare di meglio, si può essere ancora più creativi. Gli europei del sud, ad esempio, non possono salvare le loro banche pena l'ordalia ma hanno dovuto pagare per salvare quelle tedesche e francesi. Se fallisse una grande banca tedesca chi pensate che pagherebbe? Su, che ci arrivate. Non vi vedete già di fronte a Brandeburgo a dichiarare orgogliosi "ich bin ein bail-iner"?

Venendo alla politica, stamattina su Twitter si discuteva su chi potrebbe sostituire al governo l'ormai rottamando Pittigrullo, braccato non dai gufi ma dagli stessi che lo elevarono al soglio, gli ingrati.
Non potendo essere altri che la Troika in uno dei suoi più riusciti travestimenti, continuo a propendere per l'ipotesi Draghi, visto che i tempi ormai sono maturi affinché un tedesco vada finalmente alla BUBA2, ovvero alla BCE. Soprattutto se andasse in porto il progettino di Schauble, la Endlösung della ristrutturazione dei debiti pubblici europei, ovvero di tutti meno quello tedesco.
Wolfie vi odia, vi vuole morti come i fratelli della DDR, qui è tutto un Anschluss e l'unica differenza con allora, con il 1990, è che la Treuhandstalt sta valutando le vostre aziende superstiti non più un marco ma un euro l'una. Tuttavia, jubilate, perché anche stavolta un bel muro solido di cemento armato attende le loro maestose corna. Basta solo avere pazienza che passi il TTIP e che il loro contratto di subappaltatori a progetto della conquista d'Europa giunga a scadenza. Grazie ragazzi, siete stati splendidi, come sempre ci siamo affidati ai migliori al mondo, nessuno incendia i continenti come voi ma ora fatevi in là che il timone lo prendiamo in mano noi. Thanx alot and, oh please, just fuck off you motherfuckers.

Quindi Draghi, nel 2016? Oppure ci concederanno il momento vintage delle elezioni politiche, dopo tanta astinenza, con il tentativo pentagonostellato che finisce abortito e sfocia nell'ennesimo governo tecnico, quindi comunque Draghi o addirittura il commissariamento con un giaurro eurocrate alla Dijsselbloem?
Il PD è destinato all'ennesima mutazione o stavolta al declino, al redde rationem con la Giustizia Divina e dell'Uomo? Un eventuale exitus dell'euro - da alcuni dato a meno di un anno di vita - se lo trascinerebbe via con sé, assieme a tutta la feccia eurista?
E poi. Sarà l'anno di Donald Trump o, più realisticamente, di Jeb Bush che sta studiando così diligentemente da candidato che non spaventa i moderati? L'elezione di Bush porterà per caso la magica sparizione, puf!, del prodotto ISIS e del suo merchandising?
Cosa si inventeranno ancora per spaventarci? E potremo essere ancora più spaventati di quanto siamo adesso?

Non c'è verso. Il capodanno è una cosa insopportabile. Tocchiamo legno.




domenica 27 dicembre 2015

Il defibrillatore sarà aiuto di stato


Ieri con Kasalergi abbiamo scherzato ma fino a un certo punto, in quanto l'ipotesi che il suo libro sia nient'altro che una sofisticata presa per i fondelli non mi persuade nemmeno un po'.
Oggi parliamo di quel settore produttivo del pensiero unico che non si balocca con fantasmagorie futuribili e voli pindarici low cost ma pianifica e teorizza attingendo a piene mani dai manuali ormai classici della shock economy.
Si parla sempre di un futuro ma assai più prossimo rispetto alle visioni kasalergiche del duemilanta e, in specie, di futuro della sanità pubblica. Della sua progressiva ed inarrestabile privatizzazione ma non solo. C'è nell'aria, come vedremo, qualcosa di più subdolo e pericoloso che attiene, più che alle leggi del mercato versione ultraliberista, ai diritti fondamentali della persona, a concetti come la libertà di scelta e di cura ed alla Libertà in generale.

La privatizzazione della Sanità in quanto tale, se si limita ad offrire un ottimo servizio a prezzi concorrenziali di mercato in un regime che prevede comunque anche l'accesso gratuito a livelli essenziali di assistenza, non è poi la fine del mondo. Accade perfino che, in certi settori e realtà locali, il privato stia iniziando ad offrire un servizio più rapido, efficiente e a minor prezzo rispetto al corrispondente servizio pubblico. Il che è benvenuto.
La mia preoccupazione riguarda piuttosto certe cose che si leggono e che animano un dibattito che non viene nascosto in qualche rivista specializzata o convegno a porte chiuse ma pubblicato sul web ed offerto liberamente alla lettura di tutti i volonterosi naviganti. Un dibattito che, parlando di sostenibilità del SSN solo come problema economico, sconfina - non so fino a quanto involontariamente - in territori etici che sono come dei campi minati. Un passo falso e salta tutto. Nel senso dello stato democratico.

Il punto di partenza per questa mia riflessione è stato questo articolo pubblicato su NoisefromAmerika, firmato dal Dott. Paolo Piergentiliche discute di una "Proposta di Disegno di legge: Obbligo alla vaccinazione antinfluenzale per gli assistiti dal Servizio sanitario nazionale di sessantacinque e più anni."
Obbligo che prevede, ovviamente, delle sanzioni, come spiegato nell'estratto dall'articolo che offro alla vostra attenzione:


Seguite il ragionamento che perviene alla suddetta conclusione. Tu sei vecchio e stai sul groppone della collettività che ti paga le cure in caso di bisogno, con l'aggravante che tu, essendo vecchio e cagionevole, costi più dei giovani. Ora, siccome non esistono clisteri gratis, se vuoi mantenere il diritto all'esenzione del ticket, dovrai sottoporti ad una pratica vaccinale che NOI abbiamo deciso essere indispensabile e sicura, basandoci (ma questo non te lo diciamo) su un giudizio assolutamente arbitrario (data la nota imparzialità di una ricerca farmacologica quasi totalmente dipendente dalle sovvenzioni dell'industria) e vagamente antiscientifico, in quando la scienza non prevede mai le certezze al 100% ma margini di incertezza, molte ipotesi e pochissime teorie.
Ergo, se tu, vecchio, vorrai continuare ad usufruire di un servizio sanitario pressoché gratuito e non doverti pagare tutto, dovrai sottoporti alle cure ed ai programmi di prevenzione che decideremo NOI.

Naturalmente ci si dimentica di dire che tanti farmaci prescritti giornalmente rientrano ormai nella fascia C a pagamento, ad esempio gli ineffabili "integratori", e che è interesse dell'industria farmaceutica creare sempre nuovi malati da fidelizzare con farmaci a vita, come l'ergastolo della pillola per la pressione o contro il diabete che viene ormai comminato a chiunque, oltre i 40 anni, non eviti accuratamente di oltrepassare la soglia dello studio del medico di base ma lasci ogni speranza entrandovi.

Nelle poche righe citate dell'articolo di NfA sulle "sanzioni" per chi non si farà sparare l'antinfluenzale di regime, c'è già - a mio parere, ma lascio il giudizio a chi è competente in materia - una caterva di obbrobri giuridici ed etici, oltre all'ormai immancabile incostituzionalità, ma per comprenderne completamente la pericolosità ideologica sottostante, suggerirei di completare la disamina del pensiero del Dott. Piergentili (medico e manager, ci tiene) attraverso la lettura di quest'altro suo articolo, "La sostenibilità del Servizio sanitario nazionale", pubblicato sempre su NfA.
Nel paper assai ben documentato e competente, ad un certo punto egli elenca le soluzioni al problema della sostenibilità della sanità pubblica e giunge a queste che, per una inguaribile romanticona come me, suonano conclusioni incredibili e di una gravità inaudita.



Quel "difficile da gestire" mi ricorda tanto una delle mie professoresse all'università che, parlando di alcuni studi di neurofisiologia condotti sull'animale mediante vivisezione, un giorno disse: "Eh, peccato che questi esperimenti non si possano fare sull'uomo."
Lasciamo stare quel "limitare i diritti" che non è "strada hard" ma un bestemmione nel tempio della democrazia e della libertà. Negare la dialisi ad un anziano solo perché si rivolgerebbe al SSN è solo "politicamente insostenibile" o anche vagamente nazista?
Lasciamo stare la "punizione" per gli stili di vita negativi o la "scarsa compliance" (leggi: rivendicare il diritto alla libertà di cura se non alla libertà in genere).
Posso dire che anche solo pensare di "fissare un limite d'età per l'accesso alla dialisi" è mostruoso?
Ho subito pensato, leggendo quelle righe, che ho una zia di 82 anni in dialisi. Se decidessero che è troppo vecchia, quanto dovrebbe pagare, per curiosità, per ogni trattamento? E se non avesse i soldi per pagare o ad un certo punto li finisse, visto che deve sottoporvisi due volte a settimana per sempre, mi state dicendo che dovrebbe rassegnarsi a morire, visto che, con un rene solo e senza dialisi, essendo negato anche l'accesso al trapianto, immagino, non vi sarebbe per lei altra soluzione?

Tutto il ragionamento sulla sostenibilità è strumentale ad una certa visione del mondo perché, riflettendoci, tutti questi obblighi, limiti d'età, cure negate o cure imposte, riguarderebbero solo, naturalmente, i poveri o comunque tutti tranne l'élite. Perché a nessuno, potendo egli pagare, nel pubblico o nel privato, verrebbe mai negata la dialisi a 99 anni, il trapianto di un organo e la cura non convenzionale negata al popolaccio, e non gli verrebbe parimenti imposta alcuna vaccinazione obbligatoria, vero dotto'?

Questa ideologia, che lascia trasparire una visione profondamente reazionaria e classista, nonché eugenetica, tipicamente elitaria, presuppone infatti che:

1) L'assistenza sanitaria agli anziani sia una sorta di regalìa e non il frutto di anni di contribuzione fiscale da parte di ex lavoratori ora anziani pensionati. Qualcosa insomma, un diritto, che si sono guadagnati attraverso il lavoro che rende liberi.

2) Che l'anziano sia sempre e comunque bisognoso di cure e in fondo rappresenti in sé un peso per la società, vista la sua scarsa produttività di pensionato "mantenuto" dalla collettività. Il fatto che l'anziano invece si occupi dei nipotini e sostenga spesso anche economicamente i figli senza lavoro non conta nulla?

Il rischio di una selezione della popolazione in base al censo, magari proficua ai fini di un ripopolamento guidato su base etnica, riguarda tutti noi.
Capite bene che, passato il Rubicone con i vecchi, magari con l'apposita ennesima modifica alla Costituzione, sarebbe un attimo applicare il ricatto economico - perché di ricatto economico si tratta - anche alle altre fasce d'età e di pazienti e ancora oltre, oltre l'infinito.
Alcuni esempi. Tu donna over 45 anni: niente sanità gratuita se non ti sottoponi alle 3-4 mammografie che quest'anno abbiamo deciso di somministrare ad un campione della popolazione.
(Apro una brevissima parentesi. Ecco cosa intendeva forse la dottoressa che mi disse: "Se non si sottopone alla mammografia che le consigliamo [la seconda nel giro di due mesi, nda] non potrà più rientrare in futuro nel programma di prevenzione gratuita.")
Ed ancora. Tu, bambina: niente sanità gratuita se non ti sottoponi alla vaccinazione contro il papilloma virus.
Tu, lavoratore della scuola: niente contratto se non ti sottoponi al nuovissimo set di dieci vaccinazioni dieci "contro tutto" gentilmente offerto dal nostro sponsor, la nota casa Farmaceutica XY.
Amano soprattutto le vaccinazioni perché si può creare un vaccino praticamente contro qualsiasi cosa senza dover dimostrare se funziona o no o è dannoso, perché decidono tutto loro.

Devo continuare con l'immaginare le possibili applicazioni del metodo della cura obbligatoria o negata per legge? Provate anche voi e verrà fuori qualcosa di peggio del libraccio di Kasalergi e perfino di quello di Kalergi l'originale che vanta innumerevoli tentativi di imitazione.

Ricordate quel brano de "La Vita è bella" dove Giuliana Lojodice racconta ai bambini di come in Germania hanno risolto il problema degli handicappati che pesano sulle casse dello Stato? Ecco, mi dispiace ma il fondamento filosofico che mi pare di scorgere nel ragionamento dei DoktorsfromAmerika è lo stesso. Il malato come peso, come costo. Non come io, tu, voi, noi che a volte ci ammaliamo perché siamo esseri umani, perdio, e faremmo tanto volentieri a meno di stare male. La sanità come privilegio e la malattia come colpa.
Il malato e il vecchio come problemi da risolvere. Allora con l'eugenetica nazista, oggi con l'eugenetica della shock economy. 

venerdì 25 dicembre 2015

Il favoloso mondo futuro tra Amélie e Kasalergi


Finalmente si riparla della Grecia che ci eravamo dimenticati sul fuoco. Per le Amélie del favoloso mondo psichedelico della sinistra narcisista e dissociata (nel link, lettura fondamentale e obbligatoria del giorno), la notizia della settimana è quella di Atene che, con quel fil di fiato che le rimaneva in corpo, ha varato la legge sulle unioni civili.
Ho provato a far notare che, si, due uomini o due donne possono ora considerarsi coppia anche legalmente ma sempre che arrivino vivi/e a fine mese e sopravvivano al tallone di ferro europeo su mandato germanico che ha praticamente distrutto e sottomesso il loro paese grazie al collaborazionista Tsipras. Non l'avessi mai fatto!
Chi antepone il lavoro ai diritticivili (tutto attaccato) e non capisce che è meglio essere poveri in due che ricchi e soli (vergato da un civatiano in una latrina di Twitter), è indovinate, omoffffobo.

Eccoli là. Per le ClioMakeUp dei diritti cosmetici con il pieccidì in gender studies l'importante è gioire per le regalìe dell'élite dall'interno della gabbietta mentale nella quale essa li ha rinchiusi, dopo averli accuratamente catalogati tra le specie di utili idioti da proteggere fintanto che le serve per completare l'ultimo livello della Lotta di Classe. Si può degnare nuovamente di attenzione, dopo anni di shock economy, quella cosa chiamata Grecia che un giorno lontano ci diede la civiltà, solo perché ha fatto qualcosa per i propri amichetti.
Mi sto convincendo che l'élite sappia assai bene che se concedi a queste minoranze di professione un privilegio dopo l'altro, esse offriranno spontaneamente nugoli di volontari per premere il pulsante atomico.

Ti ringrazio, comunque. Non capendo quale sia il focus, come dimostri prendendotela con chi cerca di aprirti gli occhi - come Diego Fusaro - è stato un piacere avermi dimostrato, caro Clio, che le minoranze si chiamano così perché sono spesso formate nient'altro che da minorati.
Mi dispiace per te ma stanno venendo a prendere tutti, uno dopo l'altro. Dopo gli operai e prima dei pensionati vecchi partigiani con il cuore a sinistra che nemmeno se li ammazzano, verranno anche dai maestrini piddini con la rubrichetta di cucito di etichette sulla casacca del nemico e, quando assieme ai diritti condividerete con i greci anche i doveri, per esempio la necessità di avere lo stipendio dimezzato perché ve lo chiede l'Europa, ovvero il sistema bancario tedesco, vedremo chi era il complottista e l'omofobo.

Sperando poi che, immaginando lo scenario più cupo, i seguaci in SUV del Profeta, con i loro sentimenti realmente anti-omosessuali - nei gender studies c'è il capitoletto sulla Sharia? - non prevalgano sui morbidosi pretonzoli nostrani di Evita Bergoglio. Il problema non siamo noi che siamo noeuro, omofobi o rossobruni o fascisti ma voi che, avendo studiato solo da estetiste, non capite un'emerito. Non capite che, citando il filosofo romano Proietti, e scusandomi per la grevità del concetto, passare dalla situazione siinculamo a quella quitesenculano è un attimo.

Lo stesso concetto filosofico lo si può applicare alla visione, altrettanto lisergica ma variante bad trip da salvia divinorum, del piano Kasalergi delineato nel libro del Casaleggio, l'uomo dal cognome da formaggio che si vendicò sul mondo per essere stato chiamato Gianroberto dai genitori.
Sulle prime pensavo che il Giornale, l'Unità e la  RenziPress avessero esagerato, descrivendone i contenuti, animati da pregiudizio antipentastellato. Invece, come potete giudicare da questo post sul blog di Beppe Grillo firmato da Kasalergi in persona, è tutto vero. E' proprio così che egli immagina - a meno che non ci stia coglionando - il mondo distopico dove quasi tutto ciò che è puro piacere dionisiaco, inclusa la Libertà di non partecipare, di non fare comunella con gli altri e di farsi i fatti propri, è proibito e il resto è regolamentato come nemmeno nelle socialdemocrazie nordiche del welfare. Un mondo perfetto, detto senza modestia, da parte dell'autore.

Vorrei che notaste come, con questa ossessione della suddivisione tra bbuono e no bbuono e l'obbligo di cedere parte delle proprie ricchezze alla comunità, il mondo Kasalergico non sia altro che una versione ecologista nerd della Sharia. Basta sostituire proibito e permesso con  haram e halal.
Un mondo occidentale profondamente deoccidentalizzato che non dispiacerebbe affatto al Califfato.
Anzi, sai che ti dico? Traducendolo in arabo, facendolo spacciare dalla Katz come piano segreto del Califfato per il prossimo governo delll'Eurabia, rocambolescamente ritrovato dentro un SUV da idraulico abbandonato dai guerriglieri durante una fuga precipitosa, il manifesto dei pentagonostellati sarebbe un prodotto di marketing ISIS favoloso. Chissà perché mi viene da pensare questo? Sono proprio malfidata.
E' che mi ha insospettito il fatto che le multinazionali, nel piano Kasalergi, sono scomparse ma non l'ONU. Ovvero ciò che la realtà è riuscita a creare di quanto più somigliante alla Spectre dei romanzi.

Buon Natale, amorini miei.  Buon Natale di Babbo Natale e di presepe, di albero e di lucine, di Gesù e di Dio consumista, di tradizione e di progresso. Buon Natale di Libertà, con la maiuscola.

lunedì 21 dicembre 2015

Obama, un presidente di prestigio


"Siete un illusionista, non un mago! Dovete sporcarvi le mani se volete raggiungere l'impossibile!" (John Cutter, "The Prestige")

E' vero, Barack "Drone Man" Obama ci ha fregati tutti ma era ampiamente previsto. Era scritto nel copione degli sceneggiatori nel Nuovo Secolo Americano Mondialista che, di fronte al primopresidenteafroamericano, ci alzassimo tutti in coro ipnotizzati a cantare con l"Alleluja!" la fine dell'Era Bush, celebrando al contempo la gloria di Brother Malcolm e Brother Martin. Era previsto anche che un giorno avremmo pensato sconsolati: "Credevamo fosse amore invece era il ragazzo immagine del complesso militare-industriale" (© Alberto Bagnai).

Vi do un consiglio spassionato. Se volete capire cosa sta succedendo nel mondo, quindi nel nostro quartiere, lasciate perdere le province dell'impero con le loro miserie e andate direttamente al suo cuore ad ascoltarne il battito. C'è sempre da imparare cose molto interessanti ed istruttive. Per incominciare, che vi è una parte di America molto meno frescona di quanto ce la dipingano. Che vi sono americani il cui amore per la Costituzione e la Libertà e conseguente preoccupazione per l'attacco sovversivo che esse subiscono ormai quotidianamente è commovente e dovrebbe essere per noi di esempio.
Infine si può scoprire che tutto il male di questo orrendo mondo orwelliano viene messo in pratica a cominciare proprio dagli Stati Uniti, là nella Land of the Free, a danno dei suoi cittadini che ci sono fratelli nella sventura e nella disillusione nei confronti di coloro che, in un mondo normale e democratico, dovrebbero rappresentare gli interessi dei propri elettori. 
In questo festival del mal comune, è incredibile come, in America come da noi, ci si dichiari delusi dalla sinistra, dai cosiddetti progressisti, oltre che dai reazionari affiliati alla Bush Family, e si sia giunti alla conclusione che non si debba più ragionare in termini di destra o sinistra - offrendo il sistema al massimo solo un'alternativa fittizia tra il peggio e il meno peggio - ma unirsi per il bene comune e la riappropriazione della propria libertà.
Bisogna recepire il grido di dolore degli americani, che può essere ascoltato solo sui siti dei media indipendenti, perché quelli di regime vogliono che pensiamo che gli stronzi siano loro, i fascistoni senza cervello che pretendono di girare armati fino ai denti masticando hamburgers.

Gli americani ci sono fratelli per la vicenda dei mutui subprime e derivati che ha provocato la peggiore crisi economico-finanziaria dal 1929 - chi credete abbia pagato per primo con i propri soldi (7700 miliardi di dollari) il salvataggio non di banchette provinciali del cavolo ma di colossi come Lehman Bros, grazie al principio del "too big to fail", se non il contribuente americano, per giunta ignaro? - ma non solo. Essi paventano veri e propri incubi distopici prossimi venturi come l'imprigionamento a tempo indeterminato per legge e senza processo ed habeas corpus per "motivi di difesa dal terrorismo", come prevede il NDAA (National Defence Authorization Act) firmato da Obama il 31 dicembre 2011. A proposito di porcate eseguite mentre tutti sono distratti dai rituali festivi, e rinnovata negli anni successivi. Ma andiamo per ordine, che alla Guantanamo in cortile ci arriviamo.

Dicevo di Obama e del fatto che ormai venga percepito da molti americani, in specie i suoi elettori ed affini, come uno dei loro peggiori presidenti e una delusione colossale rispetto alle aspettative legate alla sua elezione. Sentiamo, chi potrebbe mai essere tra i più feroci accusatori di un presidente afroamericano? Che ne dite di uno dei leader storici del Partito delle Black Panthers for Self-Defense, Larry Pinkney? E' una voce che ho scoperto per caso e di cui vi propongo il contributo video contenente alcuni assai interessanti spunti di riflessione, all'insegna della necessità di essere uniti, di qualsiasi colore siamo, in difesa della libertà di tutti.
Il video non è sottotitolato, mi spiace. Non conoscere la lingua imperiale è ormai imperdonabile, quindi datevi da fare. E poi, se volete un ulteriore consiglio, imparatevi anche il russo: tornerà utile.



Larry, che ha provato sulla propria pelle le unghie del COINTELPRO e conosce bene i suoi polli a Washington e Langley, parla di un popolo americano abilmente ipnotizzato dal fenomeno Obama, che in lui ha visto non ciò che era veramente ma ciò che avrebbe voluto che fosse. 
Un popolo che mai avrebbe pensato che un presidente afro, democratico e desinistra potesse rivelarsi in grado di bombardare con i droni civili inermi, da cui cui il nomignolo "Drone Man" applicato al "premio Nobel per la Pace" dai suoi cittadini che forse stanno iniziando ad aprire gli occhi. Bombardamenti silenziati accuratamente dai media (come nello Yemen) mentre l'attenzione dell'opinione pubblica veniva deviata altrove, sul paese canaglia di turno (la Siria) o sui vari ballon d'essai dei migranti, dei profughi e del più fenomenale prodotto di marketing degli ultimi tempi, l'ISIS. Un popolo che "oh no, lui no, un fratello nero non lo farebbe mai" e che ora ormai sta aprendo gli occhi. (Attenti alla possibile nuova illusione Donald Trump, fratelli).
Un popolo abituato al mantra "è tutta colpa di Bush, è la sua eredità", che è l'esatto equivalente del nostro "è stato abberluscone", mentre ormai viene dimostrata nei fatti la perfetta continuità tra l'amministrazione neocon pura del patetico Dubya, pupo riconoscente in eterno a coloro che l'avevano trasportato dalla bottiglia a Gesù e poi dritto alla Casa Bianca e quella spuria di Obama.

Steve Biko disse che "l'arma più potente in mano all'oppressore è la mentalità dell'oppresso". Obama è stato un inganno, il prestigio, l'America tagliata in due parti nelle scatole, l'operazione di ipnosi collettiva che ha assicurato questa continuità. Ma le vecchie pantere nere non ci cascano e denunciano la pericolosità dell'arma Obama e delle iniziative portate a termine durante i suoi mandati.
Per esempio l'Africom, ovvero le mani del complesso militare-industriale sull'Africa in funzione rubamose tutto e occhio ai cinesi. Un bel modo, camuffato da cooperazione militare, per applicare il divide et impera, fomentare guerre fratricide in Africa e tenere soggiogato il continente ricchissimo di materie prime, organizzando al contempo, chissà, quelle belle armi di migrazioni di massa che conosciamo verso altri continenti da sottomettere con la shock therapy.

Ciò che indigna soprattutto Larry Pinkney e gli altri patrioti americani comunque è la firma di Obama apposta al NDAA, (National Defence Authorization Act), una legge che permette lo stanziamento annuale di fondi per la Sicurezza Nazionale e che è ormai l'evoluzione del famigerato Patriot Act, fatto passare a colpi di antrace nell'ottobre del 2001 dall'amministrazione Bush in quello che, se fosse stato il Cile, sarebbe stato chiamato golpe.
Sicurezza nazionale è parola magica che permette a chi governa gli Stati Uniti praticamente di tutto, ora anche l'impensabile. Ad esempio l'applicazione della carcerazione preventiva, senza prove, senza processo e senza difesa, in strutture militari e a tempo indeterminato, di chiunque possa essere ritenuto affiliato al terrorismo. In questo sito si trova molto materiale informativo su questa legge che, in potenza e nel caso di un evento catalizzatore ad hoc, potrebbe voler significare l'instaurazione della legge marziale sul suolo americano.

Joanne Mariner è un'esperta in controterrorismo e legislazione internazionale sui diritti umani ed è autrice di “In the Name of Security: Counterterrorism Laws Worldwide since September 11.”
In questo articolo pubblicato su Justia, dal quale cito un estratto, spiega cos'è l'NDAA e i motivi della controversia relativa a questo pericoloso, per il precedente che stabilisce, provvedimento di legge.
"Fu il Presidente George W. Bush, assieme al vicepresidente Cheney, al segretario alla difesa Rumsfeld ad intraprendere il passo decisivo verso l'applicazione del principio di detenzione senza processo come misura antiterrorismo. L'amministrazione Bush, agendo unilateralmente, come nel caso della detenzione dei "prigionieri" di Guantanamo, non si preoccupò nemmeno delle eventuali sanzioni da parte del Congresso.
L'NDAA invece, passata regolarmente al Congresso, come minimo rafforza l'autorità governativa sulla detenzione preventiva, permettendole di incarcerare indefinitamente sospetti terroristi - inclusi i cittadini americani - arrestati fuori dal territorio degli Stati Uniti. Legalizzando formalmente questa pratica, l'NDAA rende la pratica della extraordinary rendition e la detenzione militare indefinita giuridicamente inattaccabili. Con due rami del governo fortemente a favore della detenzione indeterminata, la Corte Suprema sarebbe ormai riluttante a dichiararla incostituzionale.
In secondo luogo, la legge di fatto pone il presidente in grado di affidarsi sempre di più alla detenzione indefinita ed ai tribunali militari. Nella dichiarazione a seguito della firma apposta alla legge, il presidente Obama ha tenuto a specificare che la sua amministrazione non autorizzerà la detenzione senza processo di cittadini americani. Il che non esclude affatto che un suo successore possa farlo in futuro."

Si può leggere anche come Fuck U

Larry, del resto, lo dice chiaramente. L'ambiguità di Obama è proverbiale. Si è dichiarato contro tutto ciò che in pratica approva.

Come si dice: "il fatto che io sia paranoico non significa che un pericolo non esista". Essendo la legge prevista per chiunque attui un atteggiamento ostile (belligerante) nei confronti dell'autorità, è inevitabile che qualcuno si preoccupi del momento in cui, di fronte a tumulti, rivolte interne, o perfino una rivoluzione, questa legge possa capitare nelle mani sbagliate che decidano di applicarla sul suolo americano sui propri cittadini. Non in quelle immaginarie di Frank Underwood (non a caso un democratico) ma di qualcuno ancora peggiore, privo di scrupoli e perfettamente reale. Basterebbe che fosse come uno a caso dei nostri governanti eurosociopatici.


Ogni numero di magia è composto da 3 parti o atti. La prima parte è chiamata "La Promessa". L'illusionista vi mostra qualcosa di ordinario. Il secondo atto è chiamato "La Svolta". L'illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ma ancora non applaudite. Perché far sparire qualcosa non è sufficiente; bisogna anche farla riapparire. Ora voi state cercando il segreto... ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati. (John Cutter, "The Prestige")

sabato 19 dicembre 2015

Che fai a Capodanno?



"Io, con un weekend così lungo, mi riprenderei la sovranità monetaria, tornerei alla lira."

"Sei matta?!! Il bankrun, la corsa agli sportelli!"

"Ecco, tieni, guarda il giornale del 31 dicembre del funesto 2001: "tremila miliardi prelevati nel weekend del passaggio tra lira ed euro".

"Si, ma uscendo dall'euro e tornando alla lira la Germania ne avrebbe un enorme danno!"

"E allora? Sei tedesco tu?

"No, ma non sono nemmeno populista. Le nazioni sono il male, io sono cittadino del mondo."

"Quindi piddino?"

"Quindi non dobbiamo dimenticare il piano di rinascita democratica di Gelli, le trame italiane e i bottegai che poterono raddoppiare i prezzi. Insomma, è tutta colpa di Berlusconi."

"Ancora?"

"Ancora cosa?"

"Il conflitto di interessi."

"Cosa?"

"Dì cosa un'altra volta, dì cosa un'altra fottuta volta, ti sfido!" [*]

"Non mi fai paura. Dico che bisogna impedire che le forze reazionarie e il fascismo prevalgano su quelle democratiche. Abbiamo sconfitto la Le Pen e ora sconfiggeremo anche il Califfato e Nigel Farage. E i figli dei fascisti. Stiamo cambiando l'Italia, sai?"

"Cos'hai detto che fai per Capodanno?"

"Ah, niente, non so ancora."

"Fossi in te mi preoccuperei. Sai cos'è un bail-in?"

"No. Aaaah, ho capito, non saranno quelle bufale sul signoraggio e le scie chimiche? Ha ha!"

"No, sono solo i tedeschi. Auguri."





mercoledì 16 dicembre 2015

Si chiama deindustrializzazione. Welcome to Post America



Ci facciamo un giretto virtuale per i quartieri residenziali periferici di Detroit, ex capitale americana dell'industria automobilistica perché sede di General Motors, gemellata non a caso con Torino, per capire un bel po' di cose? Consideratelo un viaggio di studio, un Erasmus, e l'antipasto di ciò che è previsto anche per noi perché così vuole la deindustrializzazione, presupposto fondante di quel meraviglioso mondo postfeudale di cui parlavo nel post precedente. Il video serve anche a capire che l'America dei film sulla classe media, con le belle periferie residenziali con i giardini curati è probabilmente come il ricordo delle nostre città di quando eravamo piccoli. Ovvero qualcosa che non esiste più e che viene distrutto per una precisa volontà politica, non perché una divinità malvagia ha voluto punirci con le sette piaghe ordoliberiste. 

Detroit, MI ovviamente è solo un esempio ma significativo, con una quantità di assonanze con certe nostre realtà metropolitane e fenomeni che cominciano ad interessare anche piccoli centri urbani. E' una città che nel 2013 ha dichiarato fallimento, è governata dai democratici e nel giro di qualche decennio ha invertito il colore della maggioranza della propria popolazione, dal bianco al nero. Suona familiare, vero?
Quella che era la città di Henry Ford, capitalista maialone ma che riteneva che un operaio con una paga più alta avrebbe potuto acquistare una delle sue automobili,  è ora una città in mano alle gangs, impestata dal crimine, oppressa da una multiculturalità disfunzionale e che, per ora, in attesa di una fantomatica rinascita, fa cassa con le case da gioco che le forniscono il 30% della liquidità.

Se riuscite a capire tutto dai video, bene, non avete bisogno di andare a scuola di inglese, e poi c'è eventualmente anche quest'altro video di sole immagini. Per facilitarvi ulteriormente l'esperienza vi elencherò qui sotto i dati riportati nel primo video.

Buona visione e buona fortuna.




Detroit, MI in cifre

  • Nel 2013, il 40% dell'illuminazione stradale di Detroit era fuori uso.
  • La città che una volta contava 2 milioni di abitanti ora ne conta meno di 700.000.
  • La città, una volta a maggioranza bianca, ora è all'83% abitata da neri.
  • Dal 1950 la sua popolazione è scesa del 63%.
  • 91.204 famiglie (su un totale di 264.209) sopravvivono grazie ai buoni pasto.
  • Nel 2013 è stata protagonista del più grande fallimento di una città nella storia americana con un   debito di 85,5 miliardi di dollari nei confronti di più di 100.000 creditori.
  • Nel 1960 deteneva il primato del più alto reddito pro capite degli Stati Uniti.
  • Nel 1950 offriva 296.000 posti di lavoro nel manifatturiero. Nel 2013 erano scesi a meno di 27.000.
  • Nel 2011 il tasso di omicidi per legittima difesa è aumentato del 79% ed è del 2.200% superiore alla media nazionale.
  • Dieci anni fa vi erano 4000 poliziotti, ora sono meno di 2700, con un centinaio in predicato di perdere il posto di lavoro a causa dei tagli al bilancio cittadino. 
  • Le forze di polizia sono state ridotte del 40% negli ultimi dieci anni.
  • Il tempo medio di risposta della polizia ad una chiamata è di 58 minuti. La media nazionale è di 11   minuti.
  • Il tasso di criminalità violenta è cinque volte il dato nazionale.
  • Il tasso di omicidi è 11 volte quello di New York.
  • Più del 90% dei crimini rimane irrisolto.
  • Circa un terzo dei 370 chilometri quadrati di Detroit è abbandonato o fatiscente.
  • Per le strade della città si aggirano almeno 50.000 cani randagi.
  • Nel 2013 funzionavano solo un terzo delle ambulanze disponibili.
  • Solo il 25% degli over 25 possiede un titolo di studio corrispondente alla laurea o superiore.
  • Incassando 11 milioni di dollari al mese, le case da gioco forniscono il 30% del denaro circolante.
  • In occasione di eventi in città la polizia ha stampato volantini con scritto, letteralmente "ENTRATE A DETROIT A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO."
  • A Detroit vi sono più di 78.000 edifici abbandonati.
  • Il prezzo medio di una casa è di 9000 dollari, con molte che non arrivano a 100.
  • Nel 2012 la forza lavoro era il 49,8%, la più bassa percentuale tra le grandi città americane.
  • La ristrutturazione del sistema scolastico costerebbe allo stato del Michigan 715 milioni di dollari.
  • Forbes ha proclamato Detroit "città più pericolosa d'America" per cinque anni di seguito.
  • Dal 2008 due terzi dei parchi pubblici sono stati chiusi per sempre.
  • All'epoca della bancarotta, il tasso di disoccupazione cittadino era al 18.6%, il doppio della media   nazionale.
  • L'80% dei bambini cresce senza un padre.
  • Il 47% della popolazione è funzionalmente analfabeta.
  • Nel 2013 è stata dichiarata da Forbes "Città più miserabile".



Spiritosi.

domenica 13 dicembre 2015

Non suicidatevi, è quello che vogliono


L'esercizio più difficile, di questi tempi, è cogliere il senso profondo degli accadimenti e capire se le scelte di governance politica - quindi economica - siano il frutto di entropia ormai incontrollabile - la crisi che fa saltare tutti gli schemi -  piuttosto che l'effetto di una certa volontà progettuale. Non parliamo di complotti, per carità, perché è talmente tutto alla luce del sole, mioddio, che l'esoterico non è mai stato così essoterico come ora. Tutti i documenti vengono lasciati bene in vista sul tavolo e forse è per questo che nessuno li vede, come la lettera rubata del racconto di Edgar Allan Poe.
Nessun complotto ma una precisa volontà perseguita con un'infinità di mezzi ed innumerevoli attori. Quella di sostituire il mondo attuale, il suo sistema economico e sociale, con qualcos'altro che non sarà affatto all'insegna del progresso dinamico e mutevole come è sempre accaduto finora nella storia, ma in quello antistorico del regresso, di un'implosione nel nulla dell'immutabilità, dell'inevitabilità e della stabilità, che renda la società pietrificata ed i suoi componenti mummificati in uno stato innaturale di permanenza che si fondi sull'unico principio della separazione elitaria tra Noi e Loro. Un tentativo violento e tragico di spostare le lancette dell'orologio della Storia all'indietro e di impedire qualunque rivolta attraverso un'ultima grande controrivoluzione.
In questo contesto, la depressione indotta, instillata e coltivata nella popolazione, fino all'istigazione al suicidio è perfettamente funzionale al progetto.

Direi che uno dei pensieri più ossessionanti, concorderete con me, stia diventando "cosa succederà domani", intendendo più precisamente "cosa potrà accadermi". E' un fenomeno paradossale perché stiamo appunto sprofondando nella depressione, intesa come malattia, come male oscuro, che viene indotta negli esseri umani come unico metodo per annichilirne la capacità di reazione e la depressione porta a preoccuparsi affatto del futuro, non esistendo alcun futuro per il depresso ma spesso solo la morte mediante suicidio inteso come cessazione di una vita ormai intollerabile.
Se persiste preoccupazione per il futuro, è perché un futuro pericoloso e potenzialmente mortale ci viene suggerito continuamente, come forma estrema di terrorismo psicologico fondata su una voluta inseminazione di incertezza. Non ci dicono: "domani ti ammazzeremo" ma suggeriscono " non hai idea di ciò che potrebbe succederti in futuro", il che, pensateci, è molto peggio.  Come il cut del regista del filmato dell'ISIS immediatamente antecedente al taglio della testa del malcapitato di turno. Il vuoto informativo che viene riempito dall'immaginario è quanto di più spaventoso si possa sperimentare.
Oppure, sempre per indurre disperazione e soprattutto impotenza, si proclama ufficialmente l'inevitabile: "Nulla sarà più come prima", "il mondo sta cambiando", "non c'è alternativa". Tutto per creare uno stato di dissonanza cognitiva permanente.

Volete una visione di questo futuro proiettato nel passato che ci attende? Vi avverto, quella che vi propongo è una visione che mi terrorizza solo a scriverne ma che spero, esorcizzandola in questo modo, di ridurre a semplice fantasia pessimistica, a prodotto ectoplasmico di uno stato di shock indotto dall'incertezza del futuro che credo stiate sperimentando anche voi che mi leggete.
Dunque, mettete il mondo in pausa, fisso in un bel fermo immagine in mezzo alle luminarie natalizie e fermatevi un momento a riflettere a partire da questo spunto: avete mai pensato che potremmo essere semplicemente nel bel mezzo della transizione violenta ed in parte caotica, per il ruolo facilitante che il caos ha nei cambiamenti, da un modo di produzione ad un altro? Utilizzo la terminologia marxiana non a caso e non solo perché così sembrerà che io stia dicendo qualcosa di sinistra. L'analisi del capitalismo fatta da Marx diventa fondamentale nel momento in cui siamo chiamati a celebrarne il de profundis. Alla fine, l'ultima crisi periodica fu fatale e se lo portò via, porello.
Peccato però che una provvidenziale autopsia rivelerebbe abbondanti dosi di arsenico.

Non sarà che stanno accelerando la fine del capitalismo - intendendo con capitalismo ciò che i marxisti intendono per capitalismo - perché, quando morì il comunismo (anch'esso con l'aiutino provvidenziale di qualche dottor morte in Afghanistan) qualcuno pensò che anche il capitalismo in fondo aveva portato solo guai, specialmente da quando era riuscito, mescolato con la democrazia liberale e la produzione di massa, a creare benessere e ad allargare la platea, si, dei consumatori ma anche dei pretendenti diritti. Chi aveva combattuto il comunismo scoprì che la partita della lotta di classe non poteva essere chiusa con la sconfitta dell'URSS perché sarebbe rimasto un nemico comune: l'odiosa borghesia rivoluzionaria, rompicoglioni e dalla coscienza infelice che propugnava l'estensione del benessere in senso orizzontale e non solo in quello verticale paternalistico, e vi era riuscita in pieno e con il maggior vigore, nel periodo, breve ma intenso, della visione espansiva dell'economia corrispondente al secondo dopoguerra e agli anni del boom economico, che avevano creato il dominio della classe media.
Classe media che, di fatto, è la classe che si vuole far uscire sconfitta - ed eliminata dissolvendola nella povertà generalizzata - da questo scontro della civiltà contro sé stessa. Il titolo di questo articolo di Joseph Stiglitz è significativo e suggestivo: Why the U.S. Could Soon Be the World's First Former Middle Class Society ("Perché gli Stati Uniti potrebbero diventare presto la prima società post classe media").

A questo punto occorrerebbe, a sinistra, una certa onestà intellettuale di fronte a tanti evidenti indizi di un tentativo di assassinio in corso del capitalismo e da parte di chi, per riconoscere che il momento storico di maggior benessere per la classe operaia siano stati gli anni del periodo storico suddetto, ma non credo che i nemici da sinistra del capitalismo che parlano di lui come fosse ancora vivo, vegeto e scalciante, si siano accorti che stanno parlando di un malato terminale con la bara già preparata dai beccamorti della finanza, né tanto meno che vogliano riconoscergli il merito di aver loro permesso di esistere e di criticarlo. Tuttavia posso preannunciarvi che lo rimpiangeranno a calde lacrime un giorno nemmeno troppo lontano e voglio proprio sperare di potermi godere questo momento di sublime piacere sadico assieme a tutti coloro che condividono con me questa battaglia di conoscenza e libertà.
Bisogna essere proprio intellettuali disonesti intellettualmente per affermare che "non potevamo permetterci il welfare", frutto anche di tante lotte operaie, ma soprattutto bisogna proprio odiare il padre borghese dal basso del proprio infantilismo per accettare di interpretare i meglio volonterosi carnefici del proprio popolo sperando di chiudere definitivamente la partita con sé stessi ed i propri edipi irrisolti. Fateci caso, i più solerti, le più bavose iene in attesa del cadavere della classe media da spolpare sono gli ex Lotta Continua e tutte le frattaglie e rigaglie del Sessantotto. Sono loro che invocano la patrimoniale e sono disposti a concordare con i rivali elettorali solo sulla necessità della tessera annonaria di povertà (o reddito di cittadinanza) e finiscono quindi per togliere ai benestanti per dare ai super-ricchi, illudendosi così di sopravvivere alla futura grande scrematura della società, poveri idioti. Dio, quanto ho goduto a leggere la descrizione della Sindrome di Hood fatta da Il Pedante!

Il più grande errore di Marx è stato quello di suggerire l'irreversibilità del progresso e teorizzare l'inevitabile sfociare del capitalismo sconfitto nel mare placido dell'uguaglianza socialista. Così gli omini rossi marxiani plaudono alla crisi strutturale probabilmente fatale del capitalismo convinti che ciò ci porterà al Mondo Nuovo del sol dell'avvenire. Temo invece che ciò che sostituirà il nostro mondo ed il suo  nuovo modo di produzione, non sarà affatto il radioso socialismo o la dittatura del proletariato ma un neofeudalesimo postindustriale dove una élite ristretta e selezionata su base di sangue governerà su masse sterminate formate da un Unterlumperproletariat (qualcosa di ancora più straccione del Lumpenproletariat perché formato non da poveri per nascita ma da ex benestanti immiseriti) indebolito dall'assenza di qualunque identità: personale, sessuale, sociale e nazionale. Una massa informe che, mescolata con elementi dissonanti esterni ad alta identità ed in competizione per la sopravvivenza, diverrà sempre più violenta e, per la sua tendenza alla proliferazione incontrollata di malcontento, agli occhi dell'élite assomiglierà così tanto ad un cancro che un giorno essa deciderà di estirparlo. "Per salvare il Pianeta", ovviamente.

Un mondo che si vuole far girare all'incontrario è fatto di discorsi che devono essere decodificati ragionando in senso controiniziatico. Quando vi parlano di qualcosa che è fatto "per il vostro bene", in realtà è per sterminarvi meglio. L'importazione di poveri multicolori non è per arricchire loro ma per impoverire voi. Così il mescolare e far convivere forzatamente le etnie e le religioni non è per l'assimilazione pluralistica e multiculturale ma per la dissoluzione nell'omologazione totalitaria della monocultura del più forte. La parola melting pot suggerisce certo il mescolamento ma anche lo scioglimento, la dissoluzione.
E poi, la decrescita, definita felice da qualche frescone, nasconde la retrocessione ad uno stato dove le risorse non sono più garantite per tutti ma riservate a qualcuno in particolare sull'esclusivo principio del privilegio. La doccia fatta in gruppo serve solo probabilmente a permettere all'élite l'ennesima piscina olimpionica con idromassaggio.
La limitazione delle emissioni, concessa generosamente dall'alto nei convegni farsa e salutata con gioia dagli ecologisti inconsapevolmente complici del più grande prossimo genocidio della storia,  è una logica conseguenza dei discorsi sulla "distruzione della domanda interna", fatti dai governanti sicari dell'élite con l'occhio senza vita dello squalo e il sorriso anaffettivo del sociopatico. Meno domanda, uguale meno consumi. Chi consuma poco? I poveri. Ma noi eravamo e siamo ancora ricchi! Si, ma non lo meritavamo.

Saremo poveri, il modo di produzione non sarà più capitalistico ma neofeudale e quindi, oltre agli svantaggi, non avremo più nemmeno i vantaggi del capitalismo. I vecchi non avranno più la pensione ma dovranno contare sull'elemosina del signorotto locale, probabilmente rinchiuso nel suo castello per difendersi dai saraceni.
Ma come, a proposito, gli immigrati non dovevano essere quelli che dobbiamo lasciare entrare perché ci pagheranno le pensioni? No. E' una balla. Servono solo come lievito per far montare l'insicurezza, il caos, la violenza e giustificare quindi la repressione. Perché non penserete mica che il capitalismo, morendo, non si trascinerà dietro, aggrappandovisi con le unghie, anche la democrazia?
Gli stranieri servono per spingerci nelle riserve e sterminarci e, una volta che saranno diventati troppi, come è ampiamente previsto dagli indici di natalità, saranno sterminati anch'essi, con meno sensi di colpa rispetto a noi e con la scusa infallibile del sovrappopolamento. Altro che Islam trionfante! Per chi credete che siano quelle testate nucleari tattiche?
L'unico modo per "salvare la Terra", come piagnucolano gli ecopiagnoni e gli elitari travestiti da pecore, non è fare la doccia in quattro ma  sterminare qualche miliardo di persone per lasciare in vita solo la crema, l'élite. Elite che vuole solo rinchiudersi in un ghetto di lusso, in un eterno Club Méditerranée, assieme ai suoi servitori, in una fissa immobilità botulinizzata.

Scusate se mi si è visto troppo il pessimismo stasera.

P.S. Ringrazio ancora Il Pedante per il post pressoché perfetto che ci ha regalato e Claudio Messora per l'incredibile lavoro che sta facendo intervistando le poche voci critiche e fuori dal coro di questa realtà spaventosa. Ho disseminato nel post le ultime interviste realizzate ad Alberto Bagnai, Bruno Ballardini, Gioele Magaldi e Nino Galloni, che vi invito ad ascoltare con attenzione, avendo l'accortezza, prima, di spegnere la TV dell'informazione che serve, nel senso della serva.

sabato 12 dicembre 2015

C'erano un greco onesto, un tedesco, una costituzionalista e un populista...



Post di alleggerimento, in attesa di qualcosa di più impegnativo - e per niente divertente purtroppo - per il weekend.
Vi segnalo un sito dove fare un po' di sano esercizio di lettura tra le righe e nei tre quarti occulti del piano cartesiano. Ricordatevi che saper leggere tra le righe, ovvero interpretare "la dottrina che s’asconde sotto ’l velame de li versi strani", per citare il motto dantesco di questo blog, è una delle migliori arti marziali. Forse uno dei pochi strumenti di autodifesa che abbiamo.

Orbene, "Politico" è un'organizzazione di orientamento politico-giornalistico con sede in Virginia, USA. Dall'anno scorso, grazie all'accoppiamento con Alex Springer, ha figliato una bella succursale europea, con ovvia sede a Bruxelles. Per Natale essa ci offre in dono questa pagina, modellata su quella dei "best 50" della sua sorella americana, contenente le biografie di 28 personalità europee influenti, nel bene e nel male - secondo il galateo imperiale - sul destino del continente.
Nella Springer's List vi sono tante figure e figurine che però, nel momento in cui vengono presentate secondo i criteri di una tassonomia di chiaro stampo novordinemondialista, finiscono per riempire un ideale album Panini di stereotipi viventi: il wannabe santo protettore dei migranti sponsorizzato da Soros, l'indispensabile attivista ellegibitì, il villain Orbán, il cantante meticcio con l'obbligo del gender oversexual, le inquantodonne, il Razzista, il menopeggio, la principessa Leia olandese dalla parte dell'Impero, il politico turco-finnico (ovviamente "giovane turco", alla faccia egli armeni) ecc. 
Il nostro Linneo Luke Waller, estensore delle biografie, riesce perfino ad indulgere nel razzismo, come nel caso dell'incredibile titolo "il greco onesto". Un greco onesto è un ossimoro, un rara avis o semplicemente una roboante cazzata? Vedete, plebs? (Secondo livello interpretativo), loro possono essere razzisti, voi no. Anzi, nei confronti dei greci, è permesso persino a voi.

Se l'intento era quello di esaltare il meglio dei nostri cervelli politici ed intellettuali, il risultato invece è un X-Factor del politicume continentale Ab-normal, l'esaltazione del politico con la testa a molla da cagnolino sul parabrezza e, alla fine, sembra solo la bancarella natalizia di un rivenditore catalano di caganers, tutti belli allineati con i loro culetti rosa e lo stronzetto ancora caldo appena depositato. 
Non a caso la figurina spagnola è Albert Rivera, catalano ma non separatista, ci mancherebbe, prima europeo e poi essere umano, estremista di centro, etichettato come "soffio di aria pura". 


L'unico italiano citato nella S-List è la Dama del Palio. La scelta di Boschi, definita "il riformatore costituzionale" - good Lord - permette a "Politico" di spiegare in poche brevi righe quale sia il fine ultimo della cosiddetta riforma che porta il nome della bella figlia dell'amore. Ve lo copincollo.

Avete letto? L'importante è la stabilità, che è l'esatto contrario della democrazia, che è alimentata da corrente alternata, non continua. Sanno già che vi sono poche speranze che la riforma venga rigettata dal referendum. Rassegnatevi. La stessa cosa che affermava l'altro giorno, all'insegna della burla,  il profilo fake di Mario Adinolfi su Facebook: "il popolo non è ingrado di votare." (Ndr, si è fregato con quell'ingrado)
Questa non è un'esercitazione né una burla, però. Se lo scrivono occorre preoccuparsi.

Sono incerti anche sulla tassonomia dei politici, questi euroamericani. Per esempio, nella pagina dedicata al Sith Orbán, vi si trova questa sorprendente definizione del nostro premier:


Socialista?????????????? Qualcuno nell'aldilà distragga Sandro Pertini, per carità. E quando e dove, di grazia, Renzi sarebbe Orbánesque, se non nel senso di una versione toscana del burlesque? A me pare molto Europesque.

Ah, sapete chi è Papahelas, il greco onesto? Il direttore di "Kathimerini" ma soprattutto l'equivalente ellenico dei "fateprestisti" nostrani. Viene citato solo per quello, per aver dondolato la testina più velocemente di altri quando si temeva che la Grecia uscisse dal seminato, ovvero dal lager europeo, e per giunta senza rischio alcuno, in quanto alla guida vi era Tsipras.

Ci sarebbe da piangere. Oppure, per capire l'antifona, bastava fermarsi a leggere, sulla prima pagina del sito dei magnifici 28, chi era lo sponsor.


martedì 8 dicembre 2015

Il finale della guerra alla democrazia (spoiler)

Lo sapete. Non potrebbero farlo senza la stampa. La stampa e soprattutto la televisione rendono possibile la Matrix nella quale stiamo annaspando, quella che qualche pillolina rossa ogni tanto ci fa riconoscere come il peggiore dei bad trip possibili.

Una copertina vale più di mille articoli all'interno. Se il messaggio del "New Yorker", l'organo della Grande Mela fighetta e intellettuale liberal - da noi si direbbe desinistra - è semplicemente "gli americani comperano armi come i cartoni di latte al supermercato", e lo veicolano elegantemente con una grafica retro vagamente anni '60, quello del "Daily News", sempre di New York, è il capolavoro di benaltrismo maanchista dell'anno. Sembra graficaccia da tabloid ma è sottilissima propaganda. Roba di alta classe.

Dopo la strage di San Bernardino (possibile ennesima falsa bandiera fatta sventolare dai soliti sbandieratori per i gonzi che si bevono i TGMatrix), sbattono il mostro islamico dallo sguardo al Quaalude in prima pagina, gli stampigliano sotto un bel TERRORISTA in rosso stampatello ma, quando l'occhio scende ad osservare le fotine segnaletiche di quattro brutti ceffi bianchi e va a posarsi infine su quella isolata del vecchio capitalista maialone, mentre una parte di cervello in parallelo assimila ben bene il contenuto assolutamente pretestuoso della scritta, il lettore alla fine si convince che la colpa della strage ai danni degli americani, fomentata probabilmente nei due patsy intabarrati da una buona dose di odio razziale, è degli americani stessi. 

Cosa vi dicono insomma gli impaginatori del "Daily News"? Non ci crederete mai. Che la colpa del terrorismo è della democrazia. Di una concezione talmente alta della democrazia e della sovranità popolare da fondarsi su queste parole:

[...]"Noi riteniamo che sono per sé stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.

Certamente, prudenza vorrà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e in conseguenza l’esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d’un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all’assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l’avvenire." [...[ (Dichiarazione di Indipendenza, 1776)
e da ritenere che, per rispondere a questo diritto-dovere, a questa luce verde di fatto per la rivoluzione, il popolo abbia il diritto di essere armato e che questo diritto venga sancito dal Secondo Emendamento della Costituzione.

« A well regulated Militia, being necessary to the security of a free State, the right of the people to keep and bear Arms, shall not be infringed. »
« Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia regolamentata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto. »
(Secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America)
Altri tempi, si dirà. Gli Stati Uniti non sono poi certamente diventati un esempio di democrazia compiuta e la violenza - anche privata - non è diminuita nel tempo ma aumentata a dismisura, anche per il fatto che il potere ormai è nelle mani del Grande Serial Killer, il complesso militare-industriale, che modella la società a sua immagine. Qualche maligno potrebbe pensare che il complesso tenga le truppe d'assalto impegnate a casa del diavolo in giro per il mondo e ad esportare quella che chiamano democrazia con  i risultati disastrosi che conosciamo, per impedire che in casa propria si uniscano a quelle milizie e comincino ad appendere ai lampioni i banchieri e i CEO delle corporation. 
Del resto però non è che il comunismo abbia fatto di meglio. Se Washington piange, Mosca e Pechino sicuramente non ridono. L'umanità, nel suo insieme, in quanto a sistemi di governo in grado di preservare la libertà degli individui e il bene collettivo allo stesso tempo è ancora ferma alle scimmie dell'inizio di "2001 Odissea nello Spazio". Tuttavia, tra un tribunale occidentale con avvocati, circostanze attenuanti e tutto e un colpo di scimitarra sul collo, penso sia evidente che sia preferibile il primo. Ovvero la democrazia e quella occidentale, mi dispiace per i terzomondisti a scartamento ridotto.

Quindi se, come vedremo tra poco nel video allegato, è probabile che il mondo sia sull'orlo di un conflitto globale su base etnica e razziale, con l'aggravante dello scontro tra religioni, invocare il disarmo unilaterale è quanto meno da scemi. Altro che troppe armi al supermercato!
Avete ascoltato: "Come finire i propri giorni stando dalla parte della National Rifle Association non avendolo mai detto in passato."

Prima di passare alle cose serie, e ci sarà da farsi venire i brividi, lo preannuncio, menzione d'onore al Fatto Poraccio per la copertina del post vittoria del Front National nelle regionali francesi. Quando il frame chiama, il giornale risponde. Non siamo più tutti francesi, sapete? Perché i francesi hanno votato Marine per paura. Non perché il Front National è l'unico partito che sta dalla parte del popolo mentre la sinistra di Cippalippa Hollande regge il sacco all'élite. No, ha votato per paura e seguendo il suggerimento del Calippo. Ooops, Califfo.



Dimentichiamo i giornali mendaci e guardiamoci un po' di cruda realtà. L'altra sera ho ascoltato per caso un tizio qualunque, un ragazzotto americano con il cappello da baseball all'indietro, fare su Youtube un'analisi perfetta della situazione geopolitica europea come nemmeno il nostro miglior opinionista da salotto. L'analisi era perfetta perché non doveva rispondere ad alcun frame, ad alcun ordine di scuderia. 

Il ragazzotto ha spiegato semplicemente che questa invasione migratoria programmata nel nostro continente mira a distruggere, nelle sue parole, "all the decent nations of Europe" e a creare gli Stati Uniti d'Europa, ovvero un unico stato da sottomettere a controllo poliziesco e che la stessa operazione è in corso in America, attraverso le continue provocazioni tra bianchi e neri che alimentano il clima di tensione razziale, per giungere all'inasprimento dei vari Patriot Act, ovvero alla limitazione della libertà, per giunta di quella delle vittime del terrorismo, non dei terroristi! (Mentre eravate distratti dal coatto Donald Trump e dalle sue sparate da Breaking News, il prossimo presidente americano Jeb Bush, in un tweet, chiedeva proprio il rinnovo della famigerata legge d'emergenza post 911 in scadenza ed imposta a suo tempo dagli oscuri amici di papino a colpi di antrace negli uffici del capo dell'opposizione).

The clash of civilizations, quindi. Peccato che di civiltà se ne veda solo una e l'altra sia la barbarie di un oscuro medioevo ottuso e unilaterale, sicuramente incompatibile con una società opulenta tardo capitalista. Che abbiamo scelto effettivamente la decrescita per tutti?

Accanto ai grandi attentati con il botto, vi è un'industria della provocazione, del microterrorismo per sfinimento, che persegue nient'altro che la lotta alla democrazia come la conosciamo. Essa ha le sue sigle e i suoi marchi, come #RefugeesWelcome e #NoBorders da noi - e tra le sigle io aggiungerei anche #BlackBloc - e in USA hanno #BlackLivesMatters, ma la zuppa è sempre quella. Invece di cercare la pacifica convivenza tra le etnie nel principio della "rule of law", l'industria della provocazione divide et impera, soprattutto stabilendo che una delle due parti, solitamente quella aggredita e in minoranza, debba essere non solo disarmata ma zittita con l'arma dell'accusa di razzismo.
Questo mentre gli altri sono liberi di esprimere, con le parole e con i fatti, senza freni e senza che nessuno li tocchi, tutto il loro odio RAZZIALE verso i bianchi, i kuffar, gli infedeli (cristiani ed ebrei) e gli occidentali in genere. Altro che afrofobia, l'ennesima cazzata da ministri per caso.
Gli orrendi creatori di questo inferno in Terra sanciscono il fallimento totale del multiculturalismo, del mito del melting pot e dell'uguaglianza intesa come omologazione e, al contempo, ci obbligano ad assistere quotidianamente allo stupro della nostra civiltà, della tradizione e, ripeto, della democrazia. In questo progetto, l'Islam si è offerto generosamente come esecutore materiale della demolizione controllata (non uso a caso questo termine) della nostra civiltà. Forse la decrescita è halal.

Se avete un paio d'ore di tempo e capite almeno l'inglese (vi concedo di non padroneggiare l'ebraico), guardate quest'inchiesta in quattro parti, realizzata da una troupe israeliana in giro per l'Europa islamizzata a forza. Si, mi rendo conto. Forse gli israeliani sono troppo coinvolti e potrebbero essere non sufficientemente obiettivi. Il finale, che suggerisce che gli ebrei europei farebbero meglio a trasferirsi tutti in Israele (il sogno del vecchio Bibi), è la negazione sionista del fatto che gli ebrei ormai hanno scelto e da molto tempo e nonostante la Shoah, l'assimilazione, a differenza di questi islamici vogliosi di reconquista a base di feroci saladini da banlieu. 

Sarà insomma una visione di parte, però gli israeliani li conoscono e meglio di noi. Facciamo una giusta partizione salomonica dei pro e dei contro e guardiamo alla nostra realtà. Vi prego, guardate e chiedetevi se è questo il futuro che volete.
Lo sentirete dalle loro stesse parole. Non hanno paura di dirlo apertamente, anche perché nessuno considera razzismo i loro propositi bellicosi. "E' solo questione di tempo", vi dicono e vi ripetono. Appena saranno la MAGGIORANZA, e gli uteri delle loro donne stanno lavorando a ritmo forzato, governerà la sharia, la loro legge, e noi dovremo convertirci o andarcene. Sospetto anche crepare ma non voglio sembrare troppo pessimista. Abbatteranno i nostri monumenti e chissà che fine faranno i musei con le opere d'arte, la musica, il culatello, il porceddu e i nostri adorati cani, che loro considerano impuri. Dite che quelli intervistati sono dei fanatici isolati? Pensate che una maggioranza di fanatici isolati non è nient'altro e sempre che una maggioranza.

Buona visione e buon incubo.







lunedì 30 novembre 2015

L'economia dei cataclismi a venire


A cosa servono i convegni sulle modificazioni climatiche e gli annessi Green Pride con i palloncini colorati, i manifestanti fresconi "per l'ambiente e per la pace" a beccarsi le mazzate e quelli coglioni che prendono a calci i lumini dei morti per permettere ai generaletti Pétain di indignarsi; i soliti Black Bloc a chiamata e i lacrimogeni lanciati stile Piedigrotta che offrono l'opportunità dell'ennesima esercitazione preventiva contro il dissenso che verrà?
A cosa serve il frame "c'è un cambiamento climatico in atto che potrebbe distruggere il mondo e dobbiamo fare qualcosa subito", che genera un'epidemia di espertologia tra  film, libri, dibattiti televisivi a schiuma frenata e la contrazione delle sopracciglia di tante damazze della San Vincenzo del Male, ovvero l'ONU? Per non parlare dell'elogio del decrescitismo, un altro modo per obbligare il middle class a fare a meno dell'acqua - "fate la doccia in quattro che si risparmia" - per lasciare al ricco il privilegio della piscina con idromassaggio.

A cosa serve la melassa ambientalista caramellata ad ogni ora sui media canaglia se il primo atto del neo presidente di un paese appena ritornato tra le grinfie dei suoi torturatori economici e incidentalmente avvelenato dal glifosato, è la nomina a ministro dell'Agricoltura (per ora solo della provincia di Buenos Aires) di un ex dirigente della Monsanto?  

A cosa serve lo zucchero filato della propaganda renziana quando nel decreto Sbloccaitalia (meglio chiamarlo Scardina&Scassaitalia) è stato inserito l'ennesimo virus incostituzionale che prevede il rilascio di un titolo concessorio unico alle compagnie petrolifere (indovinate di quali paesi?) che permetterà l'esproprio di terreni non solo quando vi fosse effettivamente trovato petrolio o gas ma anche in fase di ricerca, in base al “carattere di interesse strategico […] di pubblica utilità, urgente e indifferibile”
Avete la vaga idea di che cosa ciò significhi una volta che sarà approvato il TTIP? E capite perché abbiano scelto, per commettere questo crimine, gente che alla parola esproprio ha un orgasmo spontaneo? 
Leggete questo articolo, di cui pubblico un estratto che analizza gli ennesimi problemi costituzionali, che spiega cosa ci attende, e pensate cosa potrebbero diventare i nostri mari e come non potremmo opporci a livello locale a qualunque tipo di trivellazione anche in aree sismicamente attive. 


Per tornare alla domanda iniziale. A cosa serve tutto agitarsi in favore di telecamera sulle questioni ambientali quando sul mondo domina incontrastata l'economia dei disastri? A nulla. Serve solo a creare il solito diversivo e l'illusione che l'opinione degli inferiori conti qualcosa.

Le modificazioni climatiche esistono ma non viene mai spiegato se esse siano dovute al caso o al capriccio del solito dio biblico che si diverte ad ammodernare le sette piaghe d'Egitto, globalizzandole; oppure siano la pura conseguenza del progresso, fino all'ipotesi che possano essere anche vere e proprie manipolazioni volute dall'uomo.
Tutte le sperimentazioni sulle modificazioni climatiche, in atto fin dalla fine del secondo conflitto mondiale, sono state giustificate dalla lotta all'effetto serra ma - non è strano? - nonostante ciò, si continua ad inquinare impunemente perché anche quella è una prerogativa del privilegio imperiale. 
D'altra parte è ovvio che nessuno ormai oserebbe opporsi a manovre atte a contrastare un fenomeno grave come l'effetto serra che, ohibò, rischia di distruggerci. Soprattutto se l'appello proviene dagli ineffabili organismi internazionali che sostengono anche la necessità del ripopolamento per immigrazione.

Ma cosa accadrebbe se il contrasto all'effetto serra (che magari se ne sbatte il belino di qualunque cosa faccia l'umanità tanto alla fine questo pianeta, se dio vuole, si scrollerà di dosso questa marmaglia imbarazzante)  diventasse solo una scusa per vendere un domani la protezione contro i cataclismi? Mi pare di sentirli: "Che bella riviera, sarebbe un peccato che un tornado anomalo la distruggesse."
L'economia dei disastri e la sua evoluzione in economia dei cataclismi a comando è proprio così fantascientifica ed improbabile? Pensiamo al potere di pressione sugli stati canaglia o su quelli semplicemente indisciplinati sui conti pubblici e i compiti a casa. Le scaramucce a base di spread dei thugs of rating diventerebbero un'innocua cazzabubbola del passato. "Ti opponi al trattato? Oh, tutte quelle povere opere d'arte invase dal fango, che perdita irreparabile sarebbe."
Cominciate a ragionare come i mafiosi e ci arrivate anche voi.
In fondo l'invasione programmata di potenziali dropout multicolore e religiosamente aggressivi, mi ripeto ma non importa, è già l'antipasto di ciò che sarà l'economia della protezione armata, offerta a prezzi sempre più concorrenziali da monopolisti in grado di proporre un'ampia scelta tra nerboruti contractors di quartiere, infallibili snipers, fino a veri e propri squadroni della morte per le grandi pulizie etniche. Tutto già sperimentato a livello militare e di black ops e pronto per essere immesso sul Mercato che tutto trangugia e digerisce senza farsi troppi scrupoli morali.

E' pensar male, lo so, ma quando il profitto è l'unico valore dominante bisogna cominciare a ragionare come se tutto fosse fonte di profitto, anche la mera sopravvivenza e il punto d'arrivo fosse la tassa sul respiro.


giovedì 26 novembre 2015

La tragedia di una guerra ridicola



Si accettano scommesse sul fatto che Pacman-Erdogan possa diventare a breve il miglior candidato al ruolo di nuovo nemico ex-amico dell'Impero. E' successo a Saddam Hussein, a Osama Bin Laden - che pure si erano battuti come leoni contro l'Iran il primo e contro i russi in Afghanistan il secondo - perché no? Succede sempre quando i proconsoli imperiali esagerano e s'allargano troppo, magari mostrando, chinandosi, i propri doppi e tripli giochi e il marchio delle mutande che portano.
Di segnali che potrebbero far supporre l'arrivo di una forte perturbazione sulla Turchia ce ne sono. Non solo le notiziole sul genero nominato ministro e il figlio compagno di kebab e petrolio dei terroristi, con il generale Wesley Clark, ex comandante in capo della NATO, che alla CNN accusa Ankara di appoggiare ISIS. Il segnalare al pubblico ludibrio qualcuno come affetto da ignobile nepotismo, sopratutto nel momento in cui il terzo Bush si appresta a correre, con alte possibilità di vittoria, per la Casa Bianca, è sempre sintomo di un qualche disagio imperiale verso i sottocoda. Soprattutto dopo il grave incidente con la Russia con l'abbattimento dell'aereo di Mosca sul territorio siriano, seguito dalle infantili scuse turche: "non sapevamo fosse russo", "non siamo stati noi", "abbiamo chiamato ma Putin non ci ha risposto" ecc., e dal rifiuto a porgere le doverose scuse, soprattutto dopo che la stessa Turchia nel 2014 aveva impunemente violato lo spazio aereo greco per ben 2244 volte. Dai Recep, ammettilo, t'hanno fatto tana. Don't do it again.

Da ogni grande crisi economica si esce purtroppo con una guerra, che è l'unico shock forte abbastanza da riuscire a resettare il sistema impallato questa volta dal virus dell'euro, ancora una volta dalla Germania che non riesce ad evitare di essere sé stessa e dal fatto che stiamo mandando in vacca tutta l'economia mondiale. Resterà da vedere se l'allargamento del conflitto, in realtà iniziato ufficialmente l'11/9 del 2001/1941 ma dichiarato nel 1999/1939, sarà sufficiente a permetterci di ripartire senza l'indispensabile cambio di paradigma della governance macroeconomica. Per dirla corta, senza il ritorno alla repressione finanziaria possiamo anche evitare sia di armarci che di partire perché sarebbe inutile.
Visto che sono pessimista, però, ho timore che questa guerra non sia nemmeno una cura per la crisi ma un pretesto per continuarla. Dalle disgrazie infatti possono anche nascere fortune, come il ritorno di un texano alla Casa Bianca, di un neoliberista alla Casa Rosada e perfino la sopravvivenza,  fintanto che farà comodo a lorsignori, di una moneta zombi come l'euraccio.

Le ultime notizie dall'Italia corrono sempre più sul filo del grottesco: dall'ex Zecca di Stato a Roma venduta ai cinesi e in procinto di diventare un hotel extralusso, al processo di fronte alla Santa Inquisizione reloaded dei giornalisti Nuzzi e Fittipaldi, rei di aver spifferato i segreti di Don Pulcinella. 
L'inchemanisiamo è lieto intanto di offrirvi le ultime penzate del governo piddino: quella di Renzi (oggi a Parigi per il due con con Hollande), ovvero la paghettona da 500 euro ai giovani purché se la spendano in cultura (credono di poter usare la cultura come paracadute dopo averla usata come zerbino) e le fenomenali misure antiterrorismo del ministro Orlando:


fino a questa riedizione piduistico-dadaista dell'uovo oggi, dell'ineffabile Poletti da Imola. 



Ah, les piddins e le scoperte inattese che si potrebbero fare tra le loro circonvoluzioni cerebrali. Toh, il mio vecchio "Manuale delle Giovani Marmotte", guarda dov'era finito. 
Il centralismo asinino della sinistra che sta sempre dalla parte dei più svantaggiati e deboli, compresi quelli di mente. La sinistra che tutto invade, pervade, coopta e ingloba come un moccio alieno e, nonostante ciò, pubblicizza a colpi di grancassa - e i piddini ci squirtano su che è una bellezza - un libro di Tommaso Cerno che suggerisce, con sprezzo dell'autorazzismo eugenetico, che ci meritiamo tutto perché siamo geneticamente fasci. Perfino i Wu Ming, gli uscitori da sinistra o il Vattimo fuggente dei "terroristi per noia, pori cocchi", non sarebbero altro che nipoti da quattro soldi di sansepolcristi.

Ma la farsa di questa che rimarrà come la guerra più ridicola della storia perché combattuta con i gas esilaranti non è finita qui e promette altre matte risate.  Dopo l'allarme lanciato da un Manuel Valls in modalità Colin Powell sui possibili attacchi chimici e batteriologici da parte dei terroristi, in TV un'esperta dell'ospedale Sacco sostiene che l'antrace l'hanno in mano i "paesi canaglia" che ne hanno rimasta qualche fialetta. Intanto in Belgio, dove si è rovistato dappertutto e non si è trovato un cacchio ma in compenso ne è uscita un'esercitazione antisommossa con i robocop vestiti di nero da paura, con tanto di coprifuoco e blocco dei social, continua la caccia al fantomatico Salah, il capo commando del venerdì 13, ancora in fuga dopo aver seminato cinture esplosive firmate dappertutto.
Salah. Come Ṣalāh ad-Dīn, il feroce Saladino delle figurine.




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